NON PSICOLOGICA

 

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della mente umana

 

 

                                                             La rabbia della vittima

 

Sempre nell'ambito delle tematiche delle dinamiche emotive, ora andiamo a vedere che relazione c'è tra la rabbia e il vittimismo. Sicuramente la maggior parte dei lettori penserà che la rabbia sta al suo opposto. Ma come accade che ci si arrabbia? Cosa ha da succedere perché si diventi rabbiosi? Che cosa accade quando una persona si arrabbia? Ecco, guardando alle dinamiche emotive interne alla persona, in queste domande sta la risposta. La rabbia, nelle sue varie forme è la conseguenza, l'azione finale e per comprendere questo particolare dinamismo sposteremo l'attenzione su tutto ciò che la precede. Da un lato abbiamo tutte le ragioni cognitive che scaturiscono dalla situazione (che ricordiamo essere proiezioni conseguenti), che collocano l'azione di aggredire come legittima o meno; dall'altro, abbiamo che la persona adotta una strategia del comportamento scelta su una base funzionale esperienziale. In pratica ciascuno di noi, davanti a un evento che viene proiettato come frustrante, reagirà in modo diverso, guidato dalla propria esperienza e come questa gli suggerisce di reagire. Come vedremo nel prossimo capitolo su 'Gli scopi inconsapevoli' (ossia il criterio con cui una persona focalizza una strategia come la rabbia), sono legati al modello emozionale familiare che fornisce questo o  quel  comportamento consueto/previsto, per rispondere alla situazione frustrante del momento. Questa modalità acquisita, è associata automaticamente e inconsapevolmente ad esperienze emotive specifiche che ne hanno consolidato o modificato nel tempo, la modalità di azione.  Ci sono tanti tipi di rabbia che si esprimono in varie modalità, le persone introverse spesso la esprimono solo interiormente, mostrando solo segni minimi di disagio, mentre dentro di loro sono infuriate. Altre persone la esprimono con un comportamento assente quasi autistico, alcuni con forme di comportamento passivizzato (aggressività passiva), molti, invece, la esprimono nella sofferenza come il piangere e disperarsi, altre ancora diventano puntigliose e polemiche, solo una ristretta parte di popolazione esprime la rabbia come tale, scatenando la propria energia contro qualcosa o qualcuno. Perlopiù l'espressione della rabbia, nella nostra cultura, viene repressa e convogliata spesso in forme interiorizzate o addirittura somatizzate in disturbi fisici, come problemi all'apparato digerente o tensioni muscolari ecc. Nella sua forma esplicita, però, dobbiamo considerare che la rabbiosità viene espressa come fattore comunicativo funzionale, ossia viene usata perché funziona. Quindi dobbiamo considerare che l'uso della rabbia si consolida, in un comportamento, perché ha dato nel tempo risposte funzionali 'vincenti', cioè, a prescindere dal significato  cognitivo che le attribuiamo, (un comportamento  giusto o sbagliato), nella esperienza ha prodotto un qualche risultato che la persona cercava. Similmente al paradigma 'bimbo piange = mamma accorre' (azione-reazione), quando da bambini si assorbe una sequenza comportamentale che funziona, questa diviene una strategia che si impara ad applicare da adulti, anche se per la collettività e l'entourage questo comportamento è negativo e sbagliato. Tuttavia la rabbia, se da un lato esprime una aggressione, dall'altro, nel dinamismo relazionale, essa è,  sempre e comunque, una espressione vittimistica, in quanto la persona che perde il controllo, raggiunge un alto livello di attivazione emotiva perché, in qualche modo, si sente impotente e non trova strade alternative che gli permettano di adottare altri tipi di  comportamenti diversi. In altre parole la persona si arrabbia quando avverte se stessa come incapace di ottenere ciò che focalizza. Curiosamente, nella maggior parte dei casi di rabbia, infatti, il soggetto che ha questo atteggiamento tende ad essere un 'attacca brighe', cioè tende a focalizzare obiettivi, comportamenti, atteggiamenti che inevitabilmente lo condurranno a quel tipo di reazione rabbiosa. A prescindere da che tipo di rabbia si voglia studiare, la persona agisce inconsapevolmente verso quel tipo di sequenza di comportamento. Per fare un esempio, Mario ha fretta, quindi guida nervosamente. Quando incontra un guidatore tranquillo, inizia a focalizzare la sua rabbia contro di lui. Appena può lo affianca, lo insulta e ci litiga. La sequenza descritta parte col fatto di avere fretta. Questa è una condizione di apprensione proiettata inconsapevolmente, dove il ritardo e l'impellenza non sono reali perché il tempo di percorrenza non cambierà in base all'apprensione, ma semmai in base alla strategia del percorso. Mario non focalizza una strategia, ma si proietta vittima della apprensione e ne attribuisce la tensione all'esterno, su ogni cosa che nella sua mente lo fa ritardare. La guida nervosa è una seconda condizione che lo porta inevitabilmente ad aumentare l'apprensione. Invece di focalizzare una guida smart e più attenta alle opportunità, egli cerca involontariamente i soggetti che lo 'limitano' nel suo correre verso l'obiettivo. Una volta trovato il bersaglio del suo stato di vittima gli si scatena contro fino a litigarci. Questa azione è palesemente inutile vista dall'esterno e Mario a mente lucida lo saprebbe da solo. Ma egli è in apprensione, perché ha fretta, e la sua mente cognitiva oggettivizza che il guidatore tranquillo è un danno sociale, perché se andasse ad una velocità superiore, tutta la collettività ne gioverebbe, diminuendo il tempo di percorrenza di tutti. Ecco che la sua rabbia diviene un giusto comportamento, perché in un attimo Mario diviene il paladino del diritto di tutti di andare più veloci. La stessa sequenza di comportamenti funzionali si può riconoscere nel caso di Dolores, giovane madre con un figlio di 4 anni (caso vero). Si lamenta che suo figlio è ostinato e aggressivo contro di lei, diviene autoritario anche verso il padre e non sanno come gestirlo. Il marito è un uomo tranquillo, apparentemente. Dolores è sempre in affanno e la mattina presto è già molto in allarme, teme di arrivare in ritardo su tutto, portare a scuola Sergio (il bambino) e arrivare al lavoro. La sua 'mattina tipo' inizia con lei che si sveglia già incavolata e inizia a stressare suo figlio che, passivo e dispettoso, la porterà a ritardare. In questa sintetica descrizione abbiamo già due fattori che costruiscono una consuetudine: la proiezione del ritardo e la proiezione che il figlio la farà ritardare. Ripetendo schematicamente ogni mattina questo stato d'animo e i suoi comportamenti correlati, Dolores costruisce così la propria realtà mattutina e, insieme, le abitudini emozionali e comportamentali del figlioletto. Un giorno le chiesi: ma quante volte sei arrivata in ritardo? Lei mi rispose mai. Allora le chiesi: e cosa succede se arrivi in ritardo? Lei rispose: nulla, perché il negozio è mio. In un istante tutta la costruzione del problema del ritardo era crollata. Lei rimase stupefatta, poi si giustificò con il fatto che bisogna aprire in orario; è vero. Il bambino, già adultizzato con una assertività notevole e momenti di rabbia altrettanto importanti, era arrivato ad andarsene di casa, da solo ( a 4 anni) e tentare di bighellonare nel quartiere. La mattina non voleva alzarsi, non era capace di vestirsi (fingeva), non sapeva mettersi le scarpe (fingeva), non voleva la colazione fatta dalla mamma, non voleva andare a scuola e in classe era sempre irrequieto e fastidioso. L'ultima volta che avevano litigato, lui aveva lanciato alla madre le posate. I suoi comportamenti erano frutto dell'imitazione della madre, che quando era in preda alla rabbia faceva le stesse cose. Nel complesso questa situazione si può guardare da diverse angolazioni, tuttavia il dinamismo attivato è solo uno. Il profondo e funzionale addestramento imparato dalla madre (dalla sua a sua volta) che adotta il vittimismo per legittimare i propri voleri e comportamenti, viene imitato dal figlio e rivoltato contro la madre stessa. Il padre non osava interferire in questo conflitto, pertanto ambedue, madre e figlioletto, scaricavano anche sul padre colpevolizzandolo di non essere capace di gestire entrambi. In pratica, siamo davanti ad una competizione a chi è più vittima. Questa complessa situazione familiare si è risolta in una settimana, nel momento in cui la madre ha modificato il proprio comportamento rifocalizzandolo su di sé anziché sugli altri due. Ha smesso di stressare il bambino la mattina, di obbligarlo alla colazione e di colpevolizzarlo per la presunta condizione di ritardo.

Il bambino si è molto rilassato, da un giorno all'altro si vestiva da solo, faceva colazione volentieri, era in orario ed era contento di andare a scuola. Bisogna riconoscere che la madre è davvero intelligente e ha capito bene questi aspetti dei dinamismi familiari. Come si ha da guardare questa dinamica vittimista? L'apprensione della madre le faceva focalizzare il ritardo al lavoro e a scuola come ipotesi che, se non fosse stato per il suo impegno, si sarebbe attuato, con tutti i problemi di senso di colpa e inadeguatezza come madre inadatta. Pertanto non si era accorta che trasferiva la sua apprensione sui familiari ed essendo il bambino piccolo e reattivo, questo ha cominciato per primo a reagire a pari intensità alla madre. Più Dolores pressava, più Sergio reagiva, facendo sentire impotente e inadeguata la madre, che si accendeva ancora di più. Lo stato di impotenza di Dolores verso il controllo del figlio, la portava alla rabbia di chi si sente vittima., Quindi, per concludere, abbiamo da comprendere che l'aggressività vittimistica è frutto delle dinamiche della paura (apprensione) e non va confusa con l'aggressività proattiva che invece dona il benessere, che ne è l'antitesi.

 

 

 

 

                                 Il vittimismo e l'amore arrabbiato

 

Non sono poche le persone che dentro di sé sono arrabbiate in amore. Cosa significa arrabbiate? Intendo quei rapporti dove in vari modi si esprime rabbia verso il partner, quello reale con cui si ha un rapporto, oppure più frequentemente, con quello ipotetico che si spera di trovare, ma non compare mai all'orizzonte. La specifica utilità di questo strampalato capitolo, si basa sul fatto che in amore spesso le delusioni producono particolari reazioni, anche rabbiose, che condizionano molto la persona. Anche a distanza di tempo dalla delusione, la rabbia verso i partner permane e fa aumentare la fatica nel conseguire delle soddisfazioni amorose. Non è facile accorgersi di essere arrabbiati con l'amore, perché nelle catene di pensieri intorno a questo tema la nostra mente focalizza automaticamente ciò da cui vogliamo difenderci, ossia ciò che non vogliamo. Come abbiamo capito dai capitoli sopra, quando la mente focalizza una negazione siamo in un vicolo cieco. Contemporaneamente però, l'evocazione dell'esperienza attiva forti preoccupazioni interiori che divengono immediatamente conflitti e si convertono in dolore del ricordo. Ogni tanto ci viene la rabbia contro gli uomini o le donne in generale. Ma soprattutto è importante imparare a notare che il comportamento di rabbia emerge con le persone che amiamo, o con i potenziali partner. E' interessante notare che quando esprimiamo forme di rabbia o conflitto, come abbiamo letto nel capitolo 'Aggressività e la rabbia della vittima', siamo davanti ad un meccanismo tutt'altro che banale. Siamo davanti ad una complessa strategia di difesa preventiva. Purtroppo per chi vive questa tipologia di reazione, essa funziona benissimo, e allontana con decisione i potenziali partner, la persona che si difende diventa 'repellente' perché esprime attraverso questo specifico comportamento una fortissima dinamica primaria della paura. Quando una persona esprime questo,  la sua meta-comunicazione o comunicazione non-verbale trasmette potenti indicatori, che spaventeranno i potenziali partner. Non c'è cosa più raggelante che una persona che esprime la rabbia preventiva verso una potenziale situazione amorosa. La parte più difficile per chi ha questo tipo di attivazioni è rendersene conto, perché quasi sempre questi meccanismi sono ben motivati sul piano morale con argomenti a prova di bomba. In Italia, non siamo abituati a osservare e cogliere i comportamenti in senso funzionale, pertanto quando abbiamo questo tipo di comportamento, la comprensione della causa effetto, sfugge alla consapevolezza. Nell'insieme, quindi, un atteggiamento di rabbia verso l' esperienza amorosa, anche se ha ottime ragioni per esserlo, rientra appieno nei comportamenti di tipo vittimistico, con le uniche conseguenze prevedibili di tutti i comportamenti di questa categoria. L'alternativa, come vedremo più avanti, è focalizzare ciò che desideriamo in modo  realisticamente perseguibile e orientarsi a comprendere il futuro di ciò che stiamo costruendo. Per fare un esempio, una donna single conosce un bel ragazzo che le piace. Ad una cena tra amici organizzata da lei viene invitato anche lui. Nel dopocena delle chiacchiere lei prende una foto del padre e guardando lui lancia una battuta con tono di sfida dicendo: “Vorrei un uomo così! Bello, forte, intelligente e dolce!” Naturalmente il ragazzo ha sentito l'intenzione di sfida e fu immediatamente colto da imbarazzo, perché si sentì minacciato e umiliato da un confronto così assurdo. Dopo quella prima cena non venne più ad alcun invito. Il paragone repentino, ai suoi occhi sapeva troppo di contratto da firmare al buio. Senza accorgersene lei lo aveva allontanato con un atteggiamento troppo aggressivo, dettato dalla sua rabbia e delusione dei rapporti precedenti.

 

 

 

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