NON PSICOLOGICA
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Il superego
Le funzionalità biologiche geneticamente predisposte della mente, una volta determinata l'attivazione apprensiva e la sua dominante (Arousal), lancia un sistema di funzioni, che nella tassonomia tradizionale analitica venne chiamato Super-Ego. Queste funzionalità combinate, sarebbero identificabili come risultanza e adattamento di co-funzione dell'Ego e del Sé, finalizzate all'adattamento ambientale dell'individuo. La spinta innata che si può trovare, ad esempio in qualsiasi animale, guida l'individuo ad acquisire esperienze, informazioni e abilità, al fine di soddisfare l'istinto di autoconservazione/ambientazione. Questo complesso sistema di interazioni persona-ambiente, si traduce in una certa quantità di semplici azioni, determinate e regolate dalle emozioni primarie. Serve quindi un sistema che traduca lo stato emotivo in una realtà di comportamento legato alla percezione sensoriale e all'azione fisica.
Il Superego si può paragonare a un traduttore simultaneo, che può darci un'interpretazione corretta o anche scorretta della realtà. Attraverso l'azione, l'individuo acquisisce i feedback necessari per interpretare e interagire con la realtà che lo circonda. Nel triangolo funzionale della mente Ego-Superego-Sè, la componente del Superego è deputato alla strutturazione dei linguaggi e delle normative/regole comportamentali. Il Superego è, infatti, la parte più articolata e complessa; essa costituisce l'interfaccia operativa (non sensoriale) tra l'individuo e il suo ambiente. La funzionalità del Superego consiste nella capacità di convogliare ad azione la soddisfazione e la richiesta dell'assetto emozioni primarie. In esso risiedono le codifiche normative e linguistiche della relazionalità e dell'interpretazione della realtà (proiezioni). Quest'area della mente attua quindi una funzione mediatrice tra i bisogni espressi dall'equilibrio emozionale di ogni momento e la loro concreta soddisfazione nell'interazione con l'esterno. Nel Superego, si accumulano enormi quantità di informazioni relazionali, che permettono alla persona non solo l'adattamento ambientale, ma anche una complessa interazione intersoggettiva. Il Superego viene ad addestrarsi, nelle fasi di sviluppo e crescita dell'individuo, a generare continui confronti che determinano l'identificazione della complessità delle regole dei propri comportamenti. In quest'area avviene la formazione dell'interpretazione della realtà, sulla base delle informazioni relazionali accumulate (proiezioni).
Fin dai primissimi anni di vita, l'individuo impara ad associare emozioni e comportamenti in base agli schemi e ai modelli appartenenti alla collettività (stereotipi) dove avviene la sua formazione. Questo meccanismo sviluppa un articolato sistema di misurazioni che determina la scelta di fronte a ogni bivio. Stiamo parlando di quello che comunemente viene definito “giusto” o “sbagliato”, “meglio” o “peggio”, ecc. Questa scelta avviene in maniera pressoché continuativa e, nel volume generale delle attività, in modo inconsapevole, ma non dobbiamo sottovalutare il fatto che essa avviene sempre e comunque. Nonostante che la nostra relazionalità con l'ambiente/entourage in cui viviamo sia basata su un sistema sensoriale (percezione/interpretazione/filtraggio di stimoli), nell'essere umano è sorta l'impossibilità di soddisfarsi con i cinque sensi perché la complessità del sistema umano supera la semplicità funzionale della distinzione si/no. A seguito di questo, si sono strutturate le codifiche comportamentali, che si sviluppano per l'appunto come esperienze elaborate/consolidate nell'identità del Sé (automatismi). Il nostro sistema sensoriale non è adatto alla relazionalità quotidiana umana, poiché non sappiamo riconoscere le persone attraverso l'odore o i loro rumori, eccetera. La percezione sensoriale, negli ultimi millenni, si è diversamente orientata da ciò che era una funzionalità diretta volta alla percezione individuale a una socialmente condivisa. Questo spostamento implica una maggiore reattività istantanea di fronte ai feedback/stimoli ambientali; tuttavia, questa soluzione implica un'approssimazione nell'assegnazione dei significati, che conduce la nostra attuale percezione della realtà ad appoggiarsi sulle schematizzazioni degli stereotipi. Pertanto, nella strutturazione dei contenuti del Superego, diventano di radicale importanza le dinamiche delle proiezioni.
L'essere umano ha potenziato il proprio sistema mnemonico, ampliando l'insieme delle normative del Superego, per poter soddisfare il bisogno emotivo del riconoscimento e per poter classificare le esperienze, senza dover sperimentare complessi schemi comportamentali ogni volta che si incontra una persona sconosciuta. Per quanto riguarda la realtà animale, invece, il procedimento dell'elaborazione delle esperienze si basa sul metodo induttivo: dopo un certo numero di volte che si vive una data esperienza, si elaborano le variabili ed essa si consoliderà nella memoria, senza richiedere ulteriori attenzioni sensoriali. Per conseguenza dello spostamento dalla percezione sensoriale alla schematizzazione degli stereotipi, l'essere umano, nella maggior parte dei casi, nelle sue prime fasi di vita, subisce una sorta di inibizione della propria sperimentazione. Infatti, per timore delle conseguenze, i genitori tendono a impedire l'acquisizione di tutte le variabili legate a una determinata esperienza, sostituendo alla sperimentazione libera una serie di principi dogmatici e astratti. La codifica dei comportamenti attuata dal Superego si sposterà allora dalla percezione delle variabili delle esperienze alla deduzione, nella lettura della realtà, da un principio astratto. Per questo, la maggior parte del filtro proiettivo poggia su stereotipi e su schemi comportamentali adottati unicamente perché acquisiti. Dobbiamo comprendere, quindi, che una certa parte della nostra percezione della realtà, risultando appoggiata agli stereotipi, si discosta dalla realtà stessa, con un certo grado di deformazione.
In questo reticolo tra automatismi delle esperienze consolidate ed esperienze in via di consolidamento, avviene il continuo discernimento di coerenza tra le esperienze consolidate e gli stimoli ricevuti dall'esterno. Quando questa coerenza si verifica, l'individuo ha confrontato con esito positivo il feedback dell'esperienza vissuta in quel dato momento con il bagaglio pertinente presente nella memoria del Sé. Di conseguenza, egli non avrà bisogno di riaprire il “fascicolo” esperienziale, saprà perfettamente come agire e non avvertirà il bisogno di un'attivazione emotiva. Se invece il confronto tra l'esperienza del momento e il bagaglio nel Sé non è coerente, il Sé lancia un allarme all'Ego, il quale attiverà uno stato emotivo di inadeguatezza (l'Amigdala attiva una apprensione). Quest'ultimo determinerà l'attivazione di tutto il sistema di percezione, in modo di analizzare e comprendere i fattori e le novità che vanno registrati come importanti nell'esperienza, attraverso le griglie di valutazione del Superego. È in seno a questa funzionalità che il Superego sviluppa la scorciatoia della definizione morale di bene e male (cognitiva e non-cognitiva).
Per effetto della complessità normativa, possiamo astrattamente definire il Superego come un sistema che ha una certa autonomia e che riconosciamo come razionalità, pensiero e tutte le forme dell'attività cognitiva. Quali sono i limiti e le libertà del Superego? I limiti del Superego risiedono nel fatto che esso percepisce la realtà in un sistema di interpretazioni (proiezioni) dove un oggetto/una situazione/una persona non è tale di per sé, ma è sempre associato a un significato emotivo-simbolico funzionale acquisito. Perciò, il filtro percettivo della realtà è condizionato dai bisogni dell'Ego, dal sistema di regole sociali e relazionali e dalla morfologia dell'identità mnemonica del Sé. Per questo, il Superego si trova a deformare il significato e l'interpretazione di ciò che sta accadendo (proiezioni). Questa produzione di rappresentazioni proiettive può sembrare a prima vista un meccanismo negativo e malsano, ma non è così; esso si è creato come una valida e funzionale risposta al bisogno di lettura della realtà, con la funzionalità di soddisfare in maniera istantanea la relazionalità come fenomeno evolutivo dell'identità. Bisogna considerare che il fenomeno proiettivo spesso è perfettamente coerente e in sintonia con la realtà percettiva e soggettiva; ciò accade tutte le volte che si agisce in ambienti e situazioni noti che non danno feedback incoerenti con la propria identità. Consideriamo inoltre che i fattori di coerenza e incoerenza dei feedback con gli ambienti e le situazioni noti non devono essere associati schematicamente al binomio benessere/malessere. Infatti, la coerenza di una serie di feedback con ambienti e situazioni noti non implica che l'individuo viva una condizione di benessere, in quanto, per il nostro sistema identitario e mnemonico, ci si abitua come registrazione di segnali stabili anche a situazioni di profonda sofferenza.
Il Superego si può raffigurare metaforicamente come una potente quercia, tanto grande quanto capace di sviluppare ramificazioni (sovrastrutture e sensibilità), con lo scopo di cogliere, nella relazione con l'ambiente e con gli altri, le più sottili sfumature della relazionalità. Secondo l'interpretazione tradizionale della psicanalisi, il Superego è principalmente la sede del dovere e del corrispettivo sentimento del senso di colpa. Tuttavia, questa interpretazione risulta riduttiva, in quanto nel Superego risiedono i linguaggi, le codifiche e le regole, che permettono all'individuo l'interazione con la realtà, a prescindere dalla loro collocazione morale. Nell'interpretazione psicanalitica, il dovere pone le regole e le codifiche superegoiche come sequenzialmente subordinate alla morale, confondendo la morale sociale con la funzionalità individuale di bene/male nel soddisfare i bisogni individuali.
Come avviene che questa struttura funzionale possa deformarsi? Riprendendo la metafora della quercia, dobbiamo considerare che, se viene condizionato qualche parametro, le ramificazioni dell'albero si riconfigureranno di conseguenza, deformandosi. Questa variazione della percezione della realtà determinerà dei comportamenti che spingeranno l'individuo a incrementare le sue proiezioni nella direzione imposta dalla deformazione. Se l'apprendimento e lo sviluppo emotivo della persona si strutturano su una specifica lacuna e/o sofferenza, le ramificazioni dell'albero svilupperanno l'area associata ai valori e ai simboli della lacuna stessa e la sua sensibilità, determinando un significativo aumento della percezione e della memorizzazione comportamentale legata a quell'area. Questo sviluppo regionale dei rami dell'albero sbilancia l'intero albero nel sovrastrutturare un'area a discapito di altre. Lo sbilanciamento determina una sofferenza che l'individuo cercherà di compensare con bisogni (emozioni/sentimenti) e comportamenti, che si focalizzano sull'obiettivo di sviluppare ulteriori esperienze per compensare la sofferenza in quella regione, nell'assunzione della regola (collettivamente accettata) che bisogna concentrarsi sul problema per risolverlo. Tuttavia, l'attenzione sul presunto problema, determina unicamente l'amplificarsi delle esperienze (ramificazioni dell'albero) nell'area problematica interessata.
Come si è già intuito, si otterrà tutto fuorché la soluzione del problema. Infatti, bisogna distinguere il valore della ripetizione esperienziale basato sulle spinte emotive da quello basato sulla deformazione interpretativa del Superego; ossia, una medesima esperienza verrà elaborata in maniera assai diversa se essa è vissuta nell'ottica di soddisfare i propri bisogni emotivi individuali oppure se essa è condizionata dal principio astratto della deformazione superegoica. Nella metafora della grande quercia, il Superego è un apparato capace di mutazioni morfologiche e funzionali; le mutazioni avvengono per effetto dell'adattamento ambientale della vita emotiva dell'individuo, che svilupperà in modo equilibrato le proprie ramificazioni in proporzione a quanto esteso e articolato è il suo tipo di modello emotivo.
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