NON PSICOLOGICA
Sito di contenuti sul funzionamentodella mente umana |
|
Panel Menu
|
LE EMOZIONI PRIMARIE
Contrariamente a una diffusa percezione di esse, le emozioni hanno una funzionalità e un potere straordinario. Cerchiamo di comprendere ora la funzionalità di base della nostra mente. Tutti ci siamo trovati davanti ad un professore di cui avendo soggezione, pur avendo studiato, durante l'interrogazione orale abbiamo avuto la mente vuota, non ricordavamo più nulla. In questa condizione cosa è successo? Perché alcune volte non abbiamo il controllo della mente e della memoria? Siamo davanti ad una importante funzionalità di base della mente. Le emozioni primarie dominano tutto il nostro pensiero e le nostre azioni, anche quando non sembrerebbe. Per capire questa cosa, dobbiamo guardare le funzioni primarie che comunemente definiamo come istintualità. L'essere umano si è costituito come gli altri animali durante milioni di anni e la sua condizione rispecchiava semplici necessità nel soddisfare solamente poche funzioni: oltre alla sopravvivenza alimentare, biologica e riproduttiva, vi era la domanda a cui rispondere riguardante l'ostilità o meno dell'ambiente e di altri animali nella propria situazione di ogni momento. In un ambiente per nulla organizzato come quello preistorico, il soggetto era esposto a tutte le varianti di pericolo ed opportunità che la casualità generava. Per esempio quando si incontrava un animale sconosciuto, non c'era la possibilità di sbagliare ad identificarlo perché probabilmente non ci sarebbe stata un altra opportunità. Una semplice ferita poteva essere letale, una caduta produrre una frattura fatale, come si sul dire: non c'era una seconda chance.
Oggi non abbiamo più quelle condizioni, ma a livello biologico e fisiologico, la maggioranza di quelle funzioni celebrali sviluppate nel tempo permane ancora totalmente attiva e influenza la nostra quotidianità. Per esempio, non ci accorgiamo che quando incrociamo una persona per la strada, automaticamente una parte della nostra attenzione è rivolta a percepire se essa è potenzialmente ostile oppure no. Possiamo comprendere che per milioni di anni questa era una delle priorità e la morfologia funzionale della nostra mente e dei sensi si è geneticamente strutturata in questa e altre funzioni simili. Nelle ere preistoriche una cosa non si è sviluppata in nessun animale, la razionalizzazione e il pensiero astratto, almeno così pare. Nel mondo animale, nel suo complesso, si sono sviluppate moltissime forme di intelligenza associativa e funzionale, ma solo per gli umani queste intelligenze sono confluite in una capacità di astrazione e strutturazione di pensiero razionale. Sembrerebbe anche che la presenza attiva della razionalità nella cultura umana, con la sua complessità a noi nota, sia assolutamente e relativamente giovane, probabilmente di qualche decina di migliaia di anni: troppo poco per mutare le funzionalità primarie secondo quanto possiamo immaginare o volere con le nostre esigenze di persone moderne.
La curiosità evolutiva e la paura
Per quanto se ne vogliano codificare le espressioni, le emozioni come 'attivazioni' dell'arousal interno al sistema limbico si riducono sostanzialmente a due: la spinta evolutiva (la curiosità) e la paura. Noi le conosciamo nella quotidianità nella loro dimensione espressiva, perciò ne abbiamo nomenclato una grande quantità di denominazioni e definizioni. Partiamo dall'emozione primaria della curiosità evolutiva. Potremmo anche definirla "attrazione" ed è costantemente attiva, con intensità diverse e determina il nostro automatismo nel fare le cose, nel crescere e nel relazionarci in continuazione verso l'ambiente e all'entourage. La sua funzione primaria è quella di generare l'ambientazione (o adattamento ambientale) dell'individuo che si completa nell'attivazione di tutto il sistema sensoriale in relazione al territorio e agli altri soggetti. Pertanto, questa attivazione coinvolge l'adattamento psicomotorio, biologico-immunitario, biologico-alimentare, cinetico, sociale e linguistico, somatico, eccetera, al fine di ottenere la stabilità e la rassicurazione intorno alle proprie abilità e i relativi limiti. Per sua struttura, questo meccanismo tende a portare l'ambientazione e la sperimentazione dell'individuo sempre verso i limiti, in una misura superiore al necessario nella quotidianità, con la funzione e l'obiettivo di consolidare l'ampiezza della capacità di compiere una data azione. Dobbiamo considerare che l'esperienza individuale si stabilizza nell'identità della persona qualora essa sia stata sperimentata in tutta la sua ampiezza, dalle forme minori e delicate alle forme più forti e intense. Questo processo si compie a prescindere dalla qualità del risultato: vengono registrate le azioni che hanno un compimento soddisfacente, così come quelle che hanno come esito un effetto non soddisfacente. La “curiosità” evolutiva di per sé sarebbe ingestibile se a bilanciarla non intervenisse l'altra grande emozione primaria: la paura. Essa è come uno dei due piatti di una bilancia che interviene a vari gradi a regolamentare la tendenza di per sé non autolimitante della curiosità evolutiva. La paura è quindi un'emozione "regolatrice", che ha la funzionalità di preservare l'individuo dai passi falsi e dagli errori, che in natura sarebbero irrimediabili. È facile comprendere come questi due opposti emotivi determinino il reale grado di attività evolutiva della persona. Metaforicamente possiamo paragonare le due emozioni primarie all'acceleratore e il freno di un automobile. Questi due azionatori non hanno un rapporto diretto con la realtà ma ne sono parte attivante e soprattutto non sono stati positivi o negativi, hanno unicamente un apporto funzionale. Ambedue servono e svolgono una funzione che permette all'individuo di procedere. Nei rapporti umani, l'interazione e i processi relazionali vengono modulati dall'equilibrio di queste due componenti. Ciò avviene come automatismo nel sistema limbico e soprattutto al di sotto della area cosciente. Inoltre le attivazioni emozionali solitamente sono preventive, ossia i processi emozionali prevengono le situazioni che l'individuo avvicina e vivrà, insomma si attivano in anticipo sugli eventi. Se in un individuo è dominante la curiosità evolutiva, la sua capacità di sviluppare la propria identità sarà determinata dalla disponibilità a effettuare nuove esperienze e a sperimentare le proprie abilità; diversamente, se egli è dominato mediamente dalla paura, essa tenderà a condizionare e a inibire ogni possibilità esperienziale, generando una deformazione della capacità percettiva di sé, degli altri e del contesto, producendo delle lacune nella propria identità. Queste zone di incompletezza o di distorsione esperienziale vengono compensate con una certa attività astratta e proiettiva, che però manterrà quella zona di identità marcatamente difforme dalla realtà.
|
Panel Menu
|
Sito di divulgazione e pubblicazione culturale
I contenuti pubblicati in questo sito sono di proprietà intellettuale di Alberto Bonizzato In collaborazione con: Laura De Biasi e D.ssa Maria Russo Contatto: alberto@non-psicologica.org |
|